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Abbiamo visitato una delle aziende emergenti dei Castelli Romani che a Genzano punta a valorizzare l’origine vulcanica dei terreni producendo vini eleganti e mediterranei.

Diciamocelo: buona parte dei romani rivolgendo lo sguardo verso i Castelli Romani raramente pensa di guardare un vulcano. Eppure le dolci colline che oggi ospitano paesi pittoreschi, boschi e laghi un tempo formavano l’imponente Vulcano Laziale. Con i suoi 60 km di diametro e un’altezza che superava i 2000 metri, era uno dei vulcani più grandi d’Europa tanto che le sue attività eruttive hanno interessato un territorio vastissimo: dall’Agro Pontino alla grande piana su cui sorge la capitale. Secondo gli studiosi il Vulcano Laziale è in stato di quiescenza in quanto ancora si riscontrano indizi di attività vulcanica quali circolazione idrotermale, sismicità e sollevamento del suolo.

Nel nuovo millennio lo storytelling del vino ha iniziato a valorizzare il legame indissolubile che esiste tra suoli vulcanici e viticoltura di qualità: basti pensare al successo clamoroso dei vini etnei. È così che i produttori Castelli Romani si sono resi conto che è molto più utile raccontare e spiegare l’origine vulcanica di queste terre piuttosto che puntare sul solito cliché vino dei Castelli-porchetta-fraschetta.

Lo hanno capito molto bene Daniele Lombardi e Daniele Vittorilli, due amici che nel 2020 hanno fondato una piccola cantina a Genzano di Roma, paese che affaccia sul lago di Nemi. Hanno scelto di chiamarla Campolavico, termine utilizzato dai geologi per definire quei terreni su cui si accumulano le colate laviche. “Di fronte a noi possiamo vedere il Monte Due Torri – racconta Daniele Vittorilli mentre passeggiando tra le vigne ci indica il monte – È nato da una delle ultime eruzioni del Vulcano Laziale avvenuta circa 40 mila anni fa. Le vigne si trovano sulla stessa colata lavica: con il nostro nome abbiamo cercato di valorizzare questo elemento che marca in maniera inconfondibile i nostri vini”.

Siamo a 250 mt di altezza su suoli sabbiosi con forte presenza di scheletro derivante dallo sgretolamento delle lave. È qui, nel versante sud del Vulcano Laziale, che su 4 ettari di vigna circondati da querce, castagni, noci, ulivi e macchia mediterranea si coltivano Cesanese, Malvasia Puntinata, Trebbiano Verde e Bombino. “Abbiamo iniziato con 2 ettari in affitto – raccontano – poi tra il 2020 e il 2021 abbiamo impiantato circa 2 ettari a Cesanese e Trebbiano Verde. Erano terreni abbandonati su sui c’era un vecchio uliveto distrutto da un incendio”.

La particolarità è che il Cesanese è stato impiantato ad alberello con una densità di 8000 ceppi per ettaro, cosa mai vista da queste parti. “L’alberello è una mia suggestione – confessa Vittorilli che in azienda si occupa principalmente dell’aspetto agronomico – siamo in una zona molto calda e, in considerazione del cambiamento climatico in corso, ho pensato che questo metodo potesse essere più adatto. L’idea è quella di avere pochi frutti con una maturazione più omogenea grazie all’esposizione a 360° della pianta. L’alberello, inoltre, ci permette di proteggere i grappoli con le foglie come d’altronde si fa nel sud Italia o in Sardegna. Fortunatamente qui il vento porta refrigerio: la mattina arriva dal mare che dista poco più di 10 km mentre la sera arriva dai monti”.

La prima annata dal vigneto in affitto è stata la 2020 mentre nel 2023 è arrivata la prima vendemmia della vigna di proprietà che è coincisa con l’inaugurazione della nuova piccola cantina. Nel 2025 la certificazione biologica ha completato un percorso fatto di piccoli passi ben ponderati e idee chiare sul risultato che si vuole ottenere nel bicchiere. “L’obiettivo è quello di realizzare vini che riescano ad interpretare il territorio, per questo interveniamo il meno possibile sia in vigna che in cantina”, spiega Lombardi che si occupa principalmente della parte commerciale e del lavoro in cantina.

“Io sono di Roma e sono entrato nel mondo del vino come degustatore per poi passare alla vendita e distribuzione collaborando con Bernabei. A quel punto ho voluto conoscere il lavoro in vigna e in cantina così tra il 2013 e il 2014 mi sono trasferito sull’Etna lavorando con la cantina Girolamo Russo. È stata un’esperienza importante e devo dire che ho imparato molto da Giuseppe Russo i cui vini restano per me un punto di riferimento. Al termine di questo lungo percorso mi sono sentito pronto per imbarcarmi in questa avventura”.

Il suo compagno di avventure Daniele Vittorilli è, invece, di Genzano e conosce benissimo il territorio tanto che la sua casa è a pochi passi dalla cantina con vista sui vigneti. È un tecnico agronomo e negli anni ha collaborato con diverse aziende vitivinicole prima di mettersi in proprio. “In generale condividiamo tutte le decisioni ma personalmente preferisco il lavoro in vigna. Il vino lo facciamo insieme con la consulenza di Stefano Beligni, enologo di Stefano Amerighi”.

Campolavico imbottiglia due etichette i cui nomi sono coerentemente ispirati alla geologia: il bianco Maar (Malvasia Puntinata Trebbiano Verde e Bombino) si riferisce al nome dei crateri vulcanici che riempiendosi di acqua formano un lago, proprio come il Lago di Nemi; il rosso Tefra (Cesanese) fa, invece, riferimento ai materiali piroclastici prodotti durante un’eruzione. Belle anche le etichette che rappresentano la stratigrafia dei suoli dell’areale.

“Nel periodo vendemmiale entriamo anche 3 o 4 volte in vigna facendo varie microvinificazioni – raccontano –  è un lavoro artigianale e negli anni abbiamo sperimentato molto anche se da subito abbiamo puntato sulle fermentazioni spontanee. Ci piace molto l’idea del blend, secondo noi con il cambiamento climatico fare un assemblaggio diventa fondamentale. Per esempio una massa vendemmiata in anticipo ci può dare quella freschezza che in una zona calda come questa potrebbe mancare”.

Il bianco Maar fa macerazioni che vanno dalle 48 ore ai 5 giorni anche con grappolo intero. Poi passaggio sulle fecce fini in acciaio e cemento. “Vogliamo fare un bianco vecchia maniera – raccontano – che però sia pulito e riconoscibile. Abbiamo fatto tante prove e la 2024 del Maar si avvicina molto al vino che avevamo in mente: Bombino e Trebbiano Verde portano acidità mentre la Malvasia Puntinata dona i profumi”.

Il rosso Tefra nasce da tante microvinificazioni in cemento anche con grappolo intero, con diversi tempi di macerazione e una piccola aggiunta di uva bianca che porta acidità. Dopo la fermentazione il vino passa in anfora o in barrique di terzo, quarto e quinto passaggio dove sosta per alcuni mesi prima di tornare in cemento. “Non amiamo troppo il legno e vogliamo fare un Cesanese elegante e mediterraneo – continuano – che abbia facilità di beva e freschezza. Ci ispiriamo alla Grenache della Cote du Rohne e con l’annata 2023 del Tefra abbiamo centrato il nostro stile: facendo follature manuali e pochi rimontaggi siamo riusciti ad estrarre di meno e a preservare la nota floreale”.

Oggi la cantina produce 15 mila bottiglie e l’obiettivo è quello di arrivare a 25 mila. “Vogliamo rimanere piccoli perché facciamo un lavoro quasi sartoriale e sarebbe impossibile realizzarlo con numeri troppo grandi”, concludono. In effetti a noi Vinomadi è capitato poche volte di trovare una cantina così giovani ma con le idee così chiare e siamo pronti a scommettere che sentiremo ancora parlare di Campolavico anche perché il Cesanese sui Castelli Romani spacca!

LA DEGUSTAZIONE

Campolavico Lazio IGT Maar 2023
Malvasia Puntinata, Trebbiano Verde e Bombino – Gr. 12,5%
Giallo dorato luminoso. Naso solare che alle note balsamiche di resina unisce ricordi di ginestra ed erbe aromatiche come l’alloro e il rosmarino. In seconda battuta arrivano gli agrumi, la pesca gialla e la mandorla su un sottofondo salmastro. L’iniziale piccantezza rivela una grande mineralità affiancata da buona freschezza. Il sorso è denso grazie alla componente glicerica che ammorbidisce le note dure dovute alla grande sapidità e al lungo finale balsamico e ammandorlato.

Campolavico Lazio IGT Tefra 2023
100% Cesanese – Gr. 13,5%
Rosso tra il rubino e il granata con unghia trasparente. Naso elegante e mediterraneo che esordisce con sbuffi balsamici di eucalipto affiancati da un netto ricordo di bacche e arbusti tra cui mirto e ginepro. Poi piccoli frutti rossi, fiori secchi e spezie orientali. Il sorso è decisamente fresco e goloso con le note fruttate che esplodono in bocca prima che il tannino integrato riporti equilibrio. Il finale riserva una lunga scia sapida e balsamica che indugia su note delicatamente amaricanti.