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Alla scoperta dell’Oltrepò Pavese, culla della spumantistica tricolore oltre che patria italiana di Pinot Nero e Riesling.

Era da molto tempo che noi Vinomadi volevamo andare nell’Oltrepò Pavese. Ok, già sappiamo cosa starete pensando: “non è che l’Oltrepò sia la meta più glam della vitivinicoltura italiana!”. E in effetti la reputazione di questo territorio non è al momento così alta… La realtà, però, ci parla di tanti piccoli produttori che con orgoglio puntano sulla qualità. E dato che a noi non piacciono i pregiudizi, abbiamo voluto verificare con i nostri occhi. D’altronde, come dice il nostro motto, il vino non prevede scorciatoie.

E’ così che abbiamo colto l’occasione del Mercato dei Vini Fivi di Piacenza (25/26 novembre) per allungarci tra le colline della provincia di Pavia poste a sud del fiume Po. Siamo proprio a cavallo del mitico parallelo del vino (il 45°) che marca l’equidistanza tra Polo Nord ed Equatore e che attraversa pregiate regioni vitivinicole come Langhe, Bordeaux e Willamette Valley (Oregon). E già questo dovrebbe solleticare l’interesse dei nostri lettori più scettici.

Tenuta Belvedere

Tenuta Belvedere

Castello di Stefanago

Castello di Stefanago

Monsupello

Monsupello

Stefano Milanesi

Stefano Milanesi

Se non bastasse, aggiungiamo che con i suoi 3 mila ettari di Pinot Nero l’Oltrepò è il più vasto areale italiano e il terzo a livello mondiale dedicato a questo vitigno, dopo Champagne e Borgogna. E proprio dalla Borgogna arrivarono le barbatelle di Pinot Nero impiantate a metà ‘800 dal conte Augusto Giorgi di Vistarino, il primo a credere nelle sue potenzialità nel Pavese. Fu sempre lui nel 1865 a creare insieme al suo amico Carlo Gancia il primo spumante secco italiano. Ancora non vi abbiamo convinti? Allora vi diciamo che oltre al Pinot Nero qui viene molto bene anche il Riesling che occupa circa 1.500 ettari, per non parlare degli autoctoni Barbera e Croatina, vitigno a base del famosissimo Bonarda (il nome del vino è maschile, il nome del vitigno è femminile…).

A questo punto sorge spontanea una domanda: come può quella che è la culla della spumantistica tricolore, oltre che patria italiana di Pinot Nero e Riesling, godere di così poca considerazione? La risposta non è così semplice ma ha in parte a che vedere con i grandi numeri che genera questo lembo di terra posto al confine di 4 regioni (Lombardia, Emilia Romagna, Liguria e Piemonte).

Parliamo, infatti, di una delle principali zone vitivinicole italiane per numero di ettari vitati e per ettolitri prodotti e della prima della Lombardia (qui si produce circa il 60% del vino dell’intera regione). Tra i 1.700 produttori della zona troviamo tantissime realtà medio-piccole che puntano sulla qualità ma anche tante grandi aziende imbottigliatrici. “Queste non hanno vigne o cantine di proprietà – spiega Gianluca Cabrini, titolare della cantina Tenuta Belvedere di Montecalvo Versiggia – Semplicemente acquistano vino di bassa qualità, lo imbottigliano e lo etichettano per poi immetterlo nella grande distribuzione”. A queste si aggiungono poi le grandi cooperative del vino come la Terre d’Oltrepò, azienda che nel 2015 ha visto tutta la sua produzione messa sotto sequestro dalla Guardia di Finanza.

E tra scandali e bottiglie svendute, possiamo facilmente intuire come la reputazione di questa denominazione sia oggi ai minimi termini, nonostante qui si produca vino da oltre 2 mila anni. Poi non ha certo aiutato l’approccio del Consorzio di Tutela Vini Oltrepò Pavese che in passato ha tutelato gli interessi dei suoi “maggiori azionisti” invece di valorizzare le denominazioni del territorio (1 DOCG, 7 DOC, 1 IGT). E’ così che molti produttori hanno deciso di uscire dal Consorzio aderendo ad altre realtà come il Distretto del Vino di Qualità dell’Oltrepò Pavese creato nel 2012.

Ma il modo migliore per raccontare l’Oltrepò Pavese è attraverso le storie dei vignaioli che abbiamo avuto la fortuna di conoscere durante il nostro viaggio. Lungo il nostro cammino ne abbiamo incontrati 4 e ognuno di loro ci ha trasmesso la passione per il suo territorio.