Siamo stati alla 2° edizione di Vinalia Priora, anteprima organizzata dal Consorzio Tutela Denominazioni Vini Frascati per presentare l’annata 2022 di Frascati DOC, Frascati Superiore DOCG e Cannellino di Frascati DOCG.
Era il 1992 quando nasceva “Benvenuto Brunello” inaugurando le anteprime del vino italiano. Lo scorso anno, quando a Montalcino si festeggiavano le 30 edizioni, il Consorzio del Frascati lanciava la sua anteprima chiamandola “Vinalia Priora”, in ricordo delle celebrazioni che nell’antica Roma si tenevano il 23 aprile quando si spillava il vino nuovo in onore di Giove (leggi il nostro resoconto della scorsa edizione).
E allora, se non si può certo premiare il Consorzio per la sua prontezza di riflessi, dobbiamo però riconoscere le buone intenzioni di questo nuovo corso. L’obiettivo di Vinalia Priora, infatti, è stato sin da subito quello di “trovare un nuovo modo di raccontare il vino più importante della nostra regione”. Queste le parole utilizzate da Jacopo Manni di Intravino durante il primo dei quattro seminari da lui organizzati nell’ambito della manifestazione. E a ben vedere, nel sonnolento panorama frascatano, questa sembra una piccola rivoluzione.
L’evento è stato inaugurato il 22 aprile nel meraviglioso contesto di Casal Montani, storica azienda acquistata nel 2020 dalla famiglia Evangelisti. Guidati dal proprietario Andrea Evangelisti abbiamo avuto l’opportunità di scoprire un luogo che racchiude in sé tutte le caratteristiche che rendono unico questo territorio. A partire dal contesto, inserito tra le colline formate dal vulcano laziale: per comprendere l’origine vulcanica di questi luoghi basta scendere nelle antiche cantine di epoca romana scavate nel tufo. Il grande casale medievale che ha ospitato l’inaugurazione sorge, infatti, sulle rovine di una villa patrizia dove già nel I secolo a.C. si produceva vino.
E il legame con Roma su questa collina è ancora più forte visto che Casal Montani si trova all’interno dei suoi confini amministrativi. Non tutti sanno che il 40% della produzione della denominazione Frascati ricade nel territorio della capitale che è il comune agricolo più grande d’Europa. Il resto delle uve proviene, invece, dai comuni di Frascati, Monte Porzio Catone e Montecompatri per un totale di circa 1.000 ettari vitati.
La masterclass è stata l’occasione per parlare dell’annata 2022 che il vice presidente del Consorzio, enologo e produttore Lorenzo Costantini ha descritto come difficoltosa a causa dell’estrema siccità (sono caduti circa 500 mm di pioggia in un anno). “La mancanza di acqua – ha sottolineato – ha sfavorito la crescita dei grappoli che hanno sviluppato acini più piccoli e concentrati. Poi alcune grandinate tra agosto e settembre hanno ulteriormente diminuito la resa totale che ha segnato un -17% rispetto all’annata precedente. Le poche uve arrivate in cantina erano comunque di qualità”.
Tra le otto etichette 2022 degustate, cinque vedevano Costantini nelle vesti di produttore o consulente enologico, ruolo che del resto ricopre con merito per molte aziende dell’areale. Noi Vinomadi abbiamo particolarmente apprezzato il suo Villa Simone (Monte Porzio Catone) Frascati Superiore DOCG Villa dei Preti (Malvasia del Lazio, Malvasia di Candia e Grechetto) con le note di pera e mela abbinate a buccia di limone e biancospino. Marcata la nota vegetale e balsamica di menta e salvia che ha caratterizzato anche il sorso, molto fresco e sapido. Completamente diverso il Frascati Superiore DOCG (Malvasia del Lazio, Trebbiano Toscano, Bombino e Bellone) di Casale Marchese (Frascati) che offre un naso più maturo in cui la frutta gialla si intreccia con erbe aromatiche secche, cedro, gelsomino e ricordi di salgemma. Strutturato e caldo il sorso che stupisce con la lunga scia sapida e il tipico finale ammandorlato. Sempre elegante il Frascati Superiore DOCG (Malvasia del Lazio, Malvasia di Candia e Trebbiano) di Gabriele Magno (Grottaferrata) in cui spiccano ricordi di pesca gialla e mandorla su un sottofondo balsamico. Sorso dalla piacevole morbidezza glicerica che bilancia la grande freschezza. Saporito il finale in cui torna la frutta secca e l’anima balsamica.
La serata presso Casal Montani si è conclusa con una meravigliosa cena affidata alle sapienti mani di Iside De Cesare del ristorante La Parolina di Trevinano (VT). Tra i piatti serviti segnaliamo i cappelletti di cinta senese conditi con fave e piselli, la tartare di manzo con nocciole dei Cimini e la spuma di ricotta con le visciole (questa da ribaltarsi sulla sedia!). L’abbinamento con i piatti ha confermato che il Frascati è principalmente un vino gastronomico e la tavola è il luogo migliore per apprezzarne i suoi tanti pregi.
Da frequentatori di lungo corso di anteprime dedicate al vino ci permettiamo di dare un piccolo consiglio al Consorzio invitandolo ad abbandonare l’idea di riunire 60 persone su un’unica gigantesca tavolata: era certamente molto scenica e “instagrammabile” ma rendeva impossibile parlare con altre persone che non fossero quelle poste alla propria destra o alla propria sinistra. Meglio organizzare più tavoli con i posti assegnati in cui mescolare produttori, operatori del settore e giornalisti in modo da rendere possibile uno scambio costruttivo in un contesto conviviale.
Nei giorni successivi abbiamo avuto modo di partecipare al terzo seminario organizzato da Jacopo Manni nelle Scuderie Aldobrandini di Frascati in collaborazione con Fabio Rizzari e Giampaolo Gravina sul tema dei vini rifermentati. L’idea nasce dalla lunga tradizione che il territorio dei Castelli Romani ha con le bollicine: state pensando alla Romanella, vero? Eh sì, la mitica Romanella che storicamente nasceva da un errore di vinificazione quando la fermentazione non riusciva ad azzerare il residuo zuccherino del mosto. Le bottiglie, con il caldo della primavera, si arricchivano delle bollicine create dalla rifermentazione di questi zuccheri residui in puro stile Pet-Nat o ancestrale. E cosa c’è di più moderno e alla moda di un bel rifermentato easy-to-drink e dall’etichetta accattivante? Ecco perché ha avuto molto senso proporre un seminario di questo tipo, indicando ai produttori quale potrebbe essere la strada per recuperare un prodotto della tradizione. Parliamo di un brand distrutto nella sua credibilità dalle terribili romanelle dolciastre e gassificate con CO2 artificiale che per decenni hanno riempito i supermercati e le fraschette, dove la bolla serviva per sgrassare la bocca dopo aver mangiato la porchetta.
La degustazione ha visto un’alternanza di prodotti molto gradevoli ad altri obiettivamente poco centrati. Tra i primi segnaliamo l’IGP Lazio Bianco Coquì 2021 di Merumalia (100% Bellone) che si presenta con ricordi di frutta gialla e agrumi su un sottofondo vegetale mentre in bocca offre grande freschezza citrina. “Questa è la prima annata sul mercato – ha raccontato Giulia Fusco – La nostra intenzione era quella di valorizzare il vitigno Bellone in purezza creando un vino semplice e piacevole da bere senza troppi pensieri”.
Altro vino che ci ha convinti è il Bianco Frizzante Robolie 2021 (Malvasia, Trebbiano, Bombino e Bellone) di Cantina Ribelà. A presentarlo il proprietario dell’azienda biodinamica Daniele Presutti, architetto reinventatosi vignaiolo in quel di Monte Porzio Catone, forse uno dei primi a credere nel recupero della tradizione della romanella. “Ribolie è un nome che contiene diverse parole in una – ha raccontato – “Ribelà”, “bolla” e “lie”, ovvero lieviti in francese. Noi non ci siamo inventati niente, abbiamo semplicemente riproposto con il nostro stile un prodotto che fa parte della storia di questi luoghi”. Ben fatto e dalla grande beva il loro Ribolie che, come tutta la produzione di questa azienda, ha mostrato una costante crescita qualitativa nel tempo dovuta, probabilmente, all’esperienza accumulata che ha permesso a Ribelà di trovare un proprio stile. Fiori e agrumi caratterizzano il naso ma è al gusto che stupisce con il perlage fine e la grande spalla fresco-sapida.
Sempre piacevole il Lazio IGp Frizzante Bianco Bolle di Grotta di La Torretta (100% Trebbiano), secondo vino della serata nato da agricoltura biodinamica. “Volevamo produrre un vino semplice e sbarazzino – ha raccontato Riccardo Magno – per questo abbiamo scelto il Trebbiano che offre una buona acidità anche se vendemmiato a maturazione completa”. Il Bolle di Grotta viene vinificato in anfora per 6 mesi, poi arricchito con solo mosto congelato della stessa vendemmia e rifermentato in bottiglia per 3 mesi. Naso che apre su note di margherite e camomilla, poi frutta secca, frutta a polpa gialla e pompelmo. Fresco e cremoso il sorso che all’iniziale morbidezza contrappone un finale sapido e ammandorlato. Il vino della serata è stato, però, il Lazio IGT Vino Frizzante Cosmicone 2021 di Casale Certosa (100% Trebbiano), azienda di Santa Palomba posta fuori dall’areale di produzione del Frascati. Viene prodotto da Antonio Cosmi solamente in magnum imbottigliando il vino base con un residuo zuccherino che fa poi ripartire la fermentazione. Segue sboccatura à la volée dopo una lunga sosta sui lieviti e ricolmatura con solo vino base. Si tratta, naturalmente, di un vino che offre note molto più evolute rispetto agli altri degustati, con nocciola, fiori gialli e ricordi di panificazione in evidenza. Il sorso è goloso grazie alla piacevole morbidezza unita e al perlage fine e cremoso. Finale coerente in cui le note tostate di nocciola introducono una lunga scia sapida. Nel complesso possiamo dire che la via è segnata ma che siamo ancora all’inizio del percorso che potrebbe portare al recupero della romanella. Nel frattempo godiamoci qualche bella sorpresa!
Da sottolineare l’apertura mentale del Consorzio che per tutto l’evento ha proposto in degustazione e invitato anche produttori che non utilizzano la denominazione Frascati o che, come Casale Certosa, sono addirittura fuori dall’areale di produzione. Ci sembra un modo molto intelligente per valorizzare anche un certo tipo di produzioni artigianali e favorire il confronto tra produttori. Complimenti, quindi, a Luigi Caporicci eletto presidente del Consorzio lo scorso 14 marzo e che prosegue nel solco di Felice Gasperini che ha da poco terminato il suo mandato.
Abbiamo incontrato il presidente al Mercato Coperto di Frascati, dove per tutta la durata di Vinalia Priora è stato possibile degustare i vini delle cantine e incontrare i produttori. A lui abbiamo chiesto qual è la prima azione che vuole mettere in campo e ci ha risposto che il suo obiettivo a medio termine è quello di coinvolgere maggiormente, in accordo con le varie amministrazioni, la ristorazione romana nella promozione del Frascati. Auguri!
Tante le etichette che abbiamo degustato al Mercato Coperto ma, come troppo spesso capita quando si tratta di Frascati, pochi i picchi qualitativi che riescono a raggiungere o superare la fatidica soglia dei 90 punti. Tra questi segnaliamo il Casale Marchese Frascati Superiore DOCG Quarto Marchese 2021 (Malvasia del Lazio, Trebbiano Toscano, Bombino e Bellone) che nasce da una vigna di 40 anni. Naso elegante che agli agrumi abbina note balsamico-mentolate e sentori di zagara. Poi frutta gialla e note di erbe aromatiche come il finocchietto selvatico. Il sorso è caldo e glicerico ma allo stesso tempo fresco, decisamente sapido, ammandorlato e molto persistente.
Esemplare, come sempre, il Frascati Superiore DOCG 2022 di Castel de Paolis (Malvasia del Lazio 70%, Trebbiano Giallo, Bombino e Bellone) presentato al banco d’assaggio da Giulio Santarelli, da sua moglie Adriana (a lei è dedicata l’etichetta “Donna Adriana”) e dal figlio Fabrizio: un pezzo di storia dei Castelli Romani. Il loro Frascati è un profluvio di erbe aromatiche abbinate a frutta secca, pesca gialla, ricordi gessosi e floreale bianco. Sorso che unisce struttura e spalla fresco-sapida, il tutto ammorbidito dalla morbidezza glicerica.
Chiudiamo con l’ottimo Cannellino di Frascati DOCG 2021 di Conte Zandotti (Colonna) che alle note di albicocca, agrumi canditi e frutta secca abbina sbuffi salmastri e ricordi di miele di acacia. Il sorso snello, moderatamente dolce e sapido invoglia ad un secondo assaggio rivelando anche un’ottima persistenza in cui tornano tutti i profumi percepiti al naso. Il problema del Cannellino di Frascati è che in circolazione ci sono interpretazioni contrapposte che vanno dalla vendemmia tardiva al passito in stile Pantelleria. Storicamente, però, il Cannellino non è mai stato eccessivamente dolce e denso ed è per questo che i produttori stanno valutando se non sia il caso di modificare il disciplinare della DOCG introducendo la possibilità di produrlo in due tipologie: Cannellino di Frascati (più simile ad una vendemmia tardiva) e Cannellino di Frascati Passito. Ci sembra un’ottima idea e ci auguriamo che si possa realizzare in tempi non troppo lunghi in modo da rendere più semplice per il consumatore comprendere quale tipologia di vino si troveranno nel bicchiere.
E allora appuntamento al prossimo anno per verificare se il percorso di crescita del Frascati consentirà a questo areale di fare il decisivo salto di qualità necessario per potersi confrontare con i migliori vini bianchi italiani. Per farlo noi vinomadi suggeriamo al Consorzio di puntare maggiormente sulle annate vecchie del Frascati che molto spesso offrono gradite sorprese. Capiamo che l’anteprima preveda un focus sull’ultima annata, ma pensiamo che valorizzare il potenziale evolutivo del Frascati possa accreditarlo ulteriormente come vino di qualità e se il disciplinare ne prevede una versione Riserva (12 mesi di invecchiamento di cui 3 in bottiglia) significa che la stoffa c’è.
Ed anche se il 23 aprile è già bello che andato, chiudiamo con un bel brindisi a Giove, siamo sicuri che non gli dispiacerà!