Grandi novità per l’evento organizzato dal Comune di Frascati in collaborazione con Frascati Scienza nell’ambito delle iniziative di Città del Vino 2025
Era il 2022 quando noi Vinomadi abbiamo partecipato alla prima edizione di Vinalia Priora e, a ben vedere, sembra di parlare di un’altra era geologica, o meglio, enologica. Da subito ci era sembrata molto intelligente l’idea di associare la tradizione della Vinalia Priora, antica festività romana durante la quale si spillava il vino nuovo in onore di Giove, con la presentazione delle nuove annate del Frascati. Quest’anno, però, in occasione della quarta edizione dell’evento tenutasi dal 25 al 27 aprile presso le Scuderie Aldobrandini, abbiamo assistito ad una piccola rivoluzione: la manifestazione ha, infatti, assunto carattere regionale e ai produttori dei Castelli Romani si è aggiunta una folta rappresentanza di aziende laziali per un totale di più di 60 cantine presenti ai banchi d’assaggio.
Coraggiosa la scelta del Consorzio Tutela Denominazioni Vini Frascati di superare un certo approccio chiuso e provinciale che per decenni ha relegato il vino più importante della nostra regione ai margini della viticoltura nazionale. A coordinare l’evento è stato chiamato Jacopo Manni, divulgatore e ricercatore dell’Università di Tor Vergata dove si occupa di geografia del vino. “Sin dalla prima edizione – ci racconta Jacopo tra un assaggio e l’altro – abbiamo avuto carta bianca da parte del Consorzio. Questa apertura ci ha dato la possibilità di coinvolgere importanti professionisti del mondo del vino, personaggi in grado di portare uno sguardo nuovo sui Castelli Romani”.

In uno dei nostri resoconti delle scorse edizioni, noi Vinomadi avevamo descritto questo nuovo corso un po’ come l’atterraggio di una navicella spaziale carica di marziani sul belvedere di Frascati. “In effetti per alcuni questo approccio può aver avuto un effetto straniante! – conferma divertito Jacopo – La nostra idea è stata da subito quella di confrontarci con altri territori utilizzando un linguaggio diverso. Sin dalla prima edizioni abbiamo invitato anche cantine non aderenti al Consorzio o addirittura poste al di fuori del territorio della Denominazione. Quest’anno, secondo noi, i tempi erano maturi per fare un ulteriore passo in avanti e creare un luogo in cui raccontare il Lazio in maniera unitaria”.
Vinalia Priora 2025 ha avuto come claim “Le geografie del Lazio del Vino” a sottolineare una delle peculiarità della regione che è tra le poche a poter ospitare tutti i principali ambienti geografici in cui si fa viticoltura di qualità: collina, vulcano, montagna, costa, laghi e isole. Questo il filo conduttore della manifestazione che ha ospitato 9 masterclass di alto livello: noi abbiamo partecipato a quella dedicata all’Alea Viva di Andrea Occhipinti. A guidarla Jacopo Cossater e Matteo Gallello di Verticale, magazine che indaga sulla relazione tra spazio e tempo attraverso la degustazione di tutte le annate prodotte di una singola etichetta.

“Il percorso fatto dal Lazio in questi anni è impressionante”, ha esordito Cossater ricordando come fino a pochi anni fa la lezione dedicata alla nostra regione nei corsi per sommelier era una delle più veloci non essendoci molto da dire. “Oggi, invece, c’è grande fermento – ha proseguito – e alle storiche zone dei Castelli Romani e del Cesanese si sono aggiunti tanti nuovi territori come il Lago di Bolsena che, ricordiamolo, è il lago vulcanico più grande d’Europa”.
È qui che nel 2002 arriva un giovane romano studente presso la facoltà di agraria dell’università di Viterbo. “Mi ci mandò un mio professore – ricorda Andrea – proponendomi come tesi di laurea la zonazione del territorio di Gradoli. Io non c’ero mai stato e quando sono arrivato ho trovato un luogo meraviglioso in cui, però, la viticoltura era in crisi. La cantina sociale stava chiudendo e l’età media dei vignaioli era molto alta, tanto che si rischiava di perdere un patrimonio ampelografico unico. Grazie al mio lavoro di zonazione ho conosciuto decine di anziani contadini: molti di loro mi hanno chiesto di prendermi cura delle loro vigne e così ho fatto iniziando a vinificare. Nel 2004 ho acquistato le prime due vigne con piante che oggi hanno tra i 60 e i 70 anni. Poi negli anni ho rilevato altri appezzamenti, molti dei quali con piante vecchie”.

Siamo sul versante nord del lago di Bolsena a due passi dal confine con la Toscana: è qui che tra i 400 e i 600 metri di altezza viene coltivato da secoli l’Aleatico. “Prima dell’arrivo di Andrea Occhipinti – ha sottolineato Jacopo Cossater – questo vitigno era vinificato per la maggior parte nella versione passita grazie alla sua precocità che lo rende adatto all’appassimento”.
“L’Aleatico produce acini grandi e dalla buccia sottile – ha aggiunto Occhipinti – tanto è vero che è anche un’ottima uva da tavola. A Gradoli ha trovato terreni sciolti composti da lapilli vulcanici e privi di argilla. Questo ci permette di produrre vini più snelli rispetto ad altre zone in cui si coltiva, come per esempio nel Salento dove viene prodotta una versione più opulenta. Noi lo vinifichiamo in bianco, rosato e rosso con le uve provenienti da 14 parcelle differenti da cui nascono tante micro-vinificazioni. I primi anni è stato molto difficile gestire questo vitigno per via delle malattie causate dall’umidità del lago, poi con il tempo sono riuscito a trovare la quadra e a gestire bene le vigne. La prima annata che sento veramente mia è la 2008 perché oltre al fatto di aver accumulato un po’ di esperienza ho anche potuto vinificare nella nostra cantina appena costruita”.

E la 2008 di Alea Viva è stata la prima etichetta degustata: un Aleatico quasi maggiorenne dal color mattone poco concentrato e caratterizzato da sentori di tamarindo ed eucalipto. Peccato per la bocca in cui lo scorrere del tempo ha tolto verve e persistenza. La 2010 spiccava per le sue note agrumate mentre la 2012, annata calda e secca, proponeva sentori di radice, quasi a ricordare un amaro centerbe con il sorso coerente e amaricante. “I primi anni facevamo macerazioni più lunghe – ricorda Occhipinti – poi ci siamo resi conto che il vino tendeva verso l’amaro. In più bisogna tenere in considerazione il fatto che la buccia fina si disfa completamente creando moltissime fecce: per questo sono fondamentali i travasi. Oggi le macerazioni sono molto più brevi e durano circa una settimana mentre la fermentazione spontanea avviene in vasche di cemento da 10 hl”.
A seguire abbiamo degustato la piovosa 2014 ma soprattutto la meravigliosa 2016 che alle note ferrose affiancava sentori balsamici, piccoli frutti rossi, spezie dolci, fiori secchi, radici e agrumi. Il sorso coerente mostrava una piacevole freschezza abbinata ad un tannino integrato con il finale molto lungo caratterizzato dalla chiusura sapida e amaricante alleggerita dalle note fruttate e balsamiche. “A 23 anni dal mio arrivo a Gradoli posso dire di essere soddisfatto del percorso fatto. Purtroppo il problema dello spopolamento dei piccoli paesi continua ad essere importante ma in compenso sono arrivati tanti giovani vignaioli che hanno rilevato le piccole aziende del territorio portando entusiasmo e questo mi rende molto fiducioso per il futuro”, ha concluso Andrea Occhipinti.
Di seguito riportiamo i nostri migliori assaggi:
Emanuele Ranchella Lazio IGT Crypta 2023
Malvasia del Lazio 100% – Gr. 15%
“Crypta” è un progetto dei Vignaioli in Grottaferrata, associazione che riunisce 5 produttori: Villa Cavalletti, Emanuele Ranchella, Agricoltura Capodarco, La Torretta e Gabriele Magno. Ogni azienda può proporre la propria interpretazione valorizzando le peculiarità del territorio di Grottaferrata e della Valle Marciana con le sue brezze che arrivano dal mare e la perfetta insolazione. L’interpretazione di Emanuele Ranchella ci consegna un vino sbalorditivo grazie all’attacco di Botrytis Cinerea che nel 2023 ha colpito parte del raccolto, anche grazie alla vendemmi tardiva. Contrariamente agli altri vini dell’azienda, questa piccola produzione è nata da una fermentazione spontanea realizzata in cemento. Il vino si presenta giallo dorato luminoso e denso. Il naso è esplosivo e propone sbuffi balsamici e iodati, frutta gialla matura, ginestra, salvia, rosmarino e frutta secca come la mandorla. La bocca rivela grande struttura e freschezza citrina. Ma a spiccare è la grande sapidità bilanciata da una spiccata morbidezza probabilmente donata da un leggero residuo zuccherino. Lunghissimo il finale in cui spicca il ricordo di nocciola abbinato ad erbe aromatiche.
Casale Marchese Frascati Superiore DOCG 2023
Malvasia del Lazio 70%, Trebbiano Toscano 20%, Bombino 10%, Bellone 10% – Gr. 13,5%
Frascati che nasce nel Comune di Roma e precisamente nella zona di Vermicino. Qui la famiglia Carletti è proprietaria da circa due secoli della tenuta di 50 ettari che prende il nome dal Marchese Emilio de’ Cavalieri (1550-1602), compositore e musicista italiano che visse in questa meravigliosa collina che oggi domina la periferia romana. Siamo in una delle zone più calde della denominazione ma i vini di Casale Marchese riescono sempre ad offrire una certa eleganza unita ad un’anima mediterranea e questo Frascati Superiore 2023 conferma in pieno la tradizione. Colore tra il paglierino e il dorato luminoso. All’olfatto si presenta fine con i suoi sentori di fiori bianchi che ricordano il gelsomino. Poi pesca bianca, agrumi ed erbe aromatiche su sottofondo iodato. In bocca offre grande equilibrio grazie alla freschezza agrumata abbinata ad un sottofondo morbido e fruttato in cui si insinua il lungo finale sapido e ammandorlato.
Tre Venti Lazio IGT Levante 2023
Biancolella 50%, Fiano 40%, Falanghina 10% – Gr. 13,5%
Piacevole scoperta quella di Cantina Tre Venti di Ponza, giovane realtà fondata nel 2020 dall’enologo Giuseppe Andreozzi, originario dell’isola. La cantina si trova in località Tre Venti dove Giuseppe ha ripristinato i vecchi terrazzamenti di famiglia impiantando vitigni autoctoni come Biancolella, Forastera, Piedirosso e Aglianico e sperimentando con varietà come Fiano, Falanghina e Sangiovese. Noi abbiamo degustato il Levante 2023, un blend di Biancolella, Fiano e Falanghina che ci ha subito colpito per il bellissimo colore dorato e per i profumi tipici della macchia mediterranea con ginestra, timo e finocchietto in primo piano. Poi frutta gialla matura, richiami salmastri e mandorla. In bocca è un vino solare che all’iniziale morbidezza abbina una spina fresco-sapida intrigante che alle note citrine abbina la scia salata che marca il finale in cui torna la frutta secca.
Il Vecchio Poggio Riama Lecinaro 2023
Lecinaro 100% – Gr. 12,5%
Noi Vinomadi abbiamo più volte parlato del Lecinaro Palmieri di Danilo Scenna, anche lui presente al banco d’assaggio comune dedicato all’associazione Ciociaria Naturale. Questa volta, però, vogliamo segnalare il Raima di Amedeo Iafrati che a Isola del Liri (Fr) possiede appena un ettaro di vigna su terreni rocciosi. Nel 2021 ha deciso di innestare con il Lecinaro, vitigno autoctono del frusinate, parte delle sue piante di Cabernet Sauvignon. La fermentazione spontanea con pied de cuve avviene in acciaio come anche la macerazione di circa 8 giorni. Poi il vino sosta per 8 mesi in anfore di terracotta. Rubino trasparente, si presenta al naso con note di piccoli frutti rossi e melograno. Poi ricordi di sottobosco, geranio ed erbe aromatiche. Il sorso è agile e goloso, fresco e fruttato con chiusura sapida. È un vino godibilissimo che invoglia a berne un secondo e un terzo bicchiere.
Tenute Pallotta Lazio IGT Turdacone 2017
Cabernet Franc 70% – Tintilia 30%
Renato Boni è genio e sregolatezza come pochi altri produttori dei Castelli Romani (ci viene in mente Matteo Ceracchi di Piana dei Castelli a Velletri). D’altronde a chi poteva venire in mente, se non a lui, di piantare Cabernet Franc e Tintilia a Monte Compatri?! Il Turdacone (“Rimbambito” in dialetto locale) nasce da una vigna di un ettaro impiantata nel 2012 con prima annata in bottiglia 2015. Al banco d’assaggio con Renato abbiamo avuto l’opportunità di assaggiare la ‘15, la ‘16, la ‘17, la ‘18 e la ‘20 e dopo attenta valutazione abbiamo stabilito che la nostra preferita è la 2017. Le uve vengono sottoposte a leggera surmaturazione per poi essere vinificate con fermentazione spontanea in acciaio. Il colore è ancora brillante tra il rubino e il granata. Al naso si presenta con quello che è il sentore tipico del Cabernet Franc: il peperone arrosto. Non verde, non rosso ma alla brace con i suoi sentori vegetali abbinati a note fumè. Poi esce fuori la Tintilia con la marasca sotto spirito, le spezie e i fiori secchi. Chiude con ricordi ematici. Il sorso e inizialmente caldo e morbido, poi nonostante l’annata calda e secca, offre grande freschezza e tannino integrato. Il finale è caratterizzato dalla decisa sapidità e dalla nota amaricante del peperone.
Terre d’Aquesia Lazio IGP Contaluna 2019
Ciliegiolo 100% – Gr. 14%
Cantina rilevata e rifondata nel 2018 da Vincenzo Adducci ad Acquapendente nella Tuscia viterbese al confine tra Lazio, Umbria e Toscana. Attenzione alla sostenibilità ambientale e uso di pratiche vitivinicole a basso impatto, queste le parole d’ordine dell’azienda che può contare su 10 ettari vitati posti intorno ai 300 metri di altezza su terreni franco-argillosi ricchi di calcare. In vigna troviamo vitigni autoctoni come Ciliegiolo, Grechetto e Sangiovese e internazionali come Cabernet Sauvignon e Chardonnay. Da segnalare il fatto che la 2019 del Ciliegiolo Contaluna è l’annata attualmente in commercio. La fermentazione avviene in acciaio con successiva maturazione di 2 anni in barrique di terzo passaggio. Colore rosso rubino vivo. Naso ancora vibrante che propone note provenzali di lavanda abbinate a sentori di marasca ed eucalipto. Poi spezie dolci, sottobosco e foglie secche. Il sorso decisamente fresco accompagna il tannino lungo ed elegante ammorbidito dalle golose note fruttate. Lungo e saporito il finale che chiude su note di liquirizia.
Cesanese del Piglio DOCG Mola da Piedi 2022
Cesanese 100% – Gr. 14%
Maria Ernesta Berucci e suo marito Geminiano coltivano con passione 2 ettari di vigna in quel di Piglio applicando un approccio biodinamico e olo-omeopatico. La cantina nasce nel 2014 anche se Maria Ernesta è l’erede di una delle famiglie più importanti del territorio. Suo padre Manfredi è stato presidente della Cantina Sociale oltre che proprietario della storica azienda Massimi Berucci. Fu lui nel 1994 a dare a Franchetti le marze di Cesanese poi replicate e impiantate in Toscana e sull’Etna. Il Mola da piedi nasce da uve pigiate con i piedi e fatte fermentare spontaneamente in tini di legno aperto per poi maturare in anfora di terracotta. Colore rosso rubino poco concentrato. Naso sorprendente che a note scure di china unisce sbuffi balsamici e un’anima mediterranea in cui emergono l’alloro e il mirto. Chiude con note speziate, visciola, piccoli frutti rossi in confettura e potpourri. Sorso importante ma dinamico in cui la struttura è sorretta dalla vibrante freschezza. Nobile il tannino che accompagna la beva nel lunghissimo e goloso finale in cui si intrecciano note balsamiche e fruttate.