Siamo andati in Calabria per visitare l’azienda Tenuta del Conte di Mariangela Parrilla, una delle anime di Cirò Revolution, movimento che vuole mostrare al mondo la vera anima del Cirò.
Come avrete capito noi Vinomadi non siamo tra quelli che visitano solamente i territori più nobili del vino. Sì ok, bella la Toscana e belle le Langhe ma il nostro è più uno stile alla Camionisti in Trattoria. Come chef Rubio siamo sempre alla ricerca di piccole grandi storie che aspettano solo di essere raccontate. Una di queste è quella di Mariangela Parrilla e della sua famiglia che da decenni coltivano uva e producono vino a Cirò Marina. Un territorio problematico dove la ‘ndrangheta si insinua nelle istituzioni e nel tessuto economico, con l’abusivismo edilizio che si è mangiato pezzi interi di costa. Sono luoghi che potrebbero campare di turismo ma che sono isolati dal resto del mondo: basti pensare che l’aeroporto più vicino è a due ore di macchina e che la linea ferroviaria è ancora a binario unico.
E poi, diciamocelo, non è che la denominazione Cirò goda di una così grande reputazione… Molti la identificano ancora con i vinelli semplici e omologati che invadono gli scaffali della grande distribuzione. Produzioni industriali che hanno svilito Gaglioppo e Greco Bianco, i vitigni autoctoni che sono alla base della denominazione. “Per decenni i calabresi hanno considerato il Gaglioppo un’uva piena di difetti – conferma Mariangela Parrilla – Con quel suo colore scarico e tutto quel tannino faceva dannare i produttori di Cirò che spesso, senza dichiararlo, lo tagliavano con altri vitigni per ammorbidirlo e ravvivarne il colore. Poi nel 2010 si è addirittura modificato il disciplinare della DOC ufficializzando la pratica del taglio”.
Fino ad allora il Cirò Rosso e Rosato prevedeva l’utilizzo del Gaglioppo quasi in purezza (era consentito un 5% di Greco bianco e Trebbiano toscano) mentre oggi possono intervenire un 20% di altre varietà tra cui gli internazionali Merlot e Cabernet sauvignon. Il Cirò Bianco può invece essere prodotto con minimo l’80% di Greco bianco cui si possono aggiungere il 20% di altre uve a bacca bianca. E la prima scintilla della Cirò Revolution si è sprigionata proprio in occasione della modifica del disciplinare.
“Nel 2010 io, Sergio Arcuri, Francesco De Franco di ‘A Vita, Cataldo Calabretta e tanti altri (tra cui anche Slow Food e il più grande produttore della zona, Librandi) ci siamo ribellati ma non c’è stato nulla da fare – ricorda Mariangela – È così che abbiamo deciso di unire le forze con l’obiettivo di far conoscere il nostro territorio valorizzando Gaglioppo e Greco Bianco”. Inizialmente furono chiamati i Cirò Boys, evocando i mitici Barolo Boys che rivoluzionarono la storia del vino più famoso d’Italia. “Ci è sembrata una definizione un po’ maschilista così abbiamo deciso di chiamarci Cirò Revolution”, precisa Mariangela che da vignaiola del sud rivendica con orgoglio il ruolo delle donne nel mondo del vino.
Il movimento informale oggi può contare su otto piccoli produttori (Tenuta del Conte, ‘A Vita, Cataldo Calabretta, Cote di Franze, Fezzigna Vini, Dell’Acquila, Sergio Arcuri, Scala) accomunati dalla pratica dell’agricoltura biologica in vigna e delle fermentazioni spontanee in cantina. Grazie a loro quelli che fino a poco tempo fa erano considerati “difetti” sono tornati ad essere tratti caratteristici che rendono unici questi vitigni dalla storia secolare. Pare infatti che Gaglioppo e Greco bianco siano stati introdotti in Calabria dai primi coloni greci che nell’VIII secolo A.C. sbarcarono su queste coste battezzando la regione con il nome di Enotria.
E mai nome fu più azzeccato! Con Mariangela siamo andati a visitare le sue vigne (15 ettari posti nella zona Classica nei comuni di Cirò e Cirò Marina) e abbiamo potuto verificare come ancora oggi la vite sia parte fondamentale del paesaggio locale. Usciti dal disordine di Cirò Marina ci si ritrova nella vera dimensione di questa terra generosa. Non abbiamo potuto visitare vigna Ponte (un appezzamento di 7 ettari dedicato per la maggior parte al Greco Bianco) in quanto la fiumara Lipuda in piena ha da poco distrutto la strada di accesso e 2 ettari di vigna. Siamo così partiti dal mare ritrovandoci a camminare tra gli alberelli di Gaglioppo di 40 anni di vigna Armeria (qui nsace il Cirò Rosso Classico Superiore), una parcella di 1,5 ettari affacciata sullo Jonio. Qui le brezze marine regalano grande sapidità mentre i terreni composti da argilla calcarea e sabbia donano finezza e longevità.
Poi dal mare siamo saliti verso vigna Salico una parcella di un ettaro adagiata su una meravigliosa collina che sbircia il mare da lontano con alle spalle il borgo di Cirò. “Le piante di Gaglioppo hanno una media di 25 anni e sono allevate a cordone doppio su terra rossa ricca di ferro – racconta Mariangela – Da qui nasce la Riserva Dalla Terra, un vino con sentori più ematici e terziari e dal tannino particolarmente fine”. La vigna è circondata da vegetazione spontanea e fiori di campo e in lontananza si sentono centinaia di api volare.
È veramente un luogo magico in cui il rosso della terra si mescola al verde delle viti, al giallo dei fiori e al blu del mare sull’orizzonte ondulato. È qui che incontriamo Mario Parrilla, zio di Mariangela e memoria storica dell’azienda. Per 40 anni ha lavorato per Librandi gestendo tutte le lavorazioni in vigna. Ci racconta in stretto dialetto calabrese che anni fa un suo conoscente morì il giorno dopo essere andato in pensione. Per questo motivo, alla veneranda età di 86 anni, non ha mai smesso di lavorare e ogni mattina si sveglia presto per andare nelle vigne di famiglia con le immancabili forbici strette tra le mani. Il suo viso è segnato dal sole e dal vento, lo stesso sole che fa maturare gli acini e lo stesso vento che mantiene sane le uve.
Lasciamo Mario alle sue potature e ci dirigiamo verso vigna Marinetto, 1,5 ettari di terra bianca calcarea che si arrampica su una collina dalle pendenze importanti. Tutt’intorno vecchie piante di ulivo si ergono come immobili guardiani sui filari di Gaglioppo. “Per me non esiste il Cirò ma tanti Cirò – racconta Mariangela indicando la terra bianca – Quando nel 2009 ho iniziato a fare la cantiniera mi sono resa conto che, nonostante la grande qualità delle uve, i nostri vini erano omologati e poco emozionanti. Il problema nasceva proprio in cantina dove i tecnici vinificavano tutte le vigne senza separare le masse e senza programmare in modo adeguato la vendemmia. In più si interveniva con chiarifiche e filtrazioni eccessive che svilivano il grande lavoro fatto nei campi”.
Così nel 2011 Mariangela decide di gestire personalmente la cantina e inizia a vinificare e imbottigliare separatamente le singole parcelle. Poi introduce le fermentazioni spontanee ed elimina le chiarifiche e le filtrazioni limitando al minimo l’utilizzo della solforosa. E se consideriamo che tutto questo lo fa senza il controllo delle temperature, possiamo tranquillamente definire il suo vino naturale o artigianale che dir si voglia. Nel solco della tradizione la scelta di non utilizzare legni ma solo acciaio e vetroresina che presto sarà sostituita da vasche di cemento. In definitiva è stato un lungo lavoro di sottrazione che ha ridato tipicità ai suoi vini e il risultato è evidente quando si degustano le 5 etichette aziendali (Cirò Bianco, Cirò Rosato, Cirò Rosso Classico Superiore, Cirò Bianco DiversaMente, Cirò Rosso Classico Superiore Riserva Dalla Terra).
L’ultima tappa del nostro tour ci porta in cantina dove incontriamo Francesco Parrilla, fondatore dell’azienda e padre di Mariangela. Ci racconta di come sia orgoglioso di sua figlia e di come l’azienda non sarebbe potuta andare avanti senza di lei. “E pensare che io mi sono laureata in giurisprudenza – si schermisce Mariangela – Sicuramente ci ho messo tanto impegno studiando enologia ed agronomia da autodidatta e ascoltando i consigli di produttori come Francesco De Franco. Poi mi sono diplomata sommelier AIS e assaggiatore ONAV perché penso che un buon produttore debba essere in grado di valutare i propri vini attraverso l’analisi organolettica”.
La visita si è conclusa nella gastronomia/trattoria A Casalura di Giuseppe Pucci, giovane cuoco calabrese ritornato a Cirò Marina dopo avere studiato alla scuola Alma e lavorato per anni all’estero. Tra le prelibatezze calabresi del suo menu segnaliamo la sardella, detta anche il caviale calabrese, prodotta con bianchetti (sardine neonate), finocchietto selvatico, peperoncini dolci e piccanti macinati. Abbinata al Cirò Rosato 2014 di Tenuta del Conte ci ha mandati in un’altra dimensione. Da segnalare anche il maiale croccante (allevato dalla famiglia di Giuseppe) su crema di patate e pecorino abbinato al Cirò Rosso 2013, puro godimento!
Al termine del pranzo Mariangela ci confessa che A Casalura è uno dei pochi ristoranti calabresi in cui si possono trovare i suoi vini. “Il mercato calabrese è il più difficile. Per assurdo vendo più facilmente in Giappone che a Cirò tanto che la metà della nostra produzione va all’estero. Purtroppo la nostra regione, pur essendo famosa per i suoi prodotti enogastronomici, non può ancora vantare una adeguata cultura della ristorazione e la stessa cosa vale per l’accoglienza. In queste condizioni è molto difficile proporre dei vini come i nostri che vanno fuori dagli schemi. Ci vorrebbe una revolution anche in questi settori, un movimento che recuperi a tutti i livelli l’orgoglio della nostra terra valorizzando ciò che ci rende unici e tutelando l’ambiente”.
In attesa che la Calabria riesca a rialzarsi, la Cirò Revolution ha ottenuto un primo grande risultato: rilanciare il Consorzio per la Tutela e la Valorizzazione dei vini DOC Cirò e Melissa. Nel 2016, infatti, il rinnovato Consorzio guidato da Raffaele Librandi ha modificato il meccanismo di elezione dei suoi organi di rappresentanza dando voce ai piccoli produttori come Mariangela Parilla, i veri artefici del rilancio della denominazione.
E allora viva la Cirò Revolution!
La degustazione
Tenuta del Conte Cirò Bianco 2013
100% Greco bianco – Gr.13,5%
Vera e propria etichetta fantasma di Tenuta del Conte perché mai entrata in commercio. “Fino ad oggi non lo ritenevo pronto – confessa Mariangela – Per tutti questi anni ne ho tenute circa 2mila bottiglie in cantina. Oggi mi sembra sia in ottime condizioni e a breve lo metteremo sul mercato con un’etichetta speciale. E’ la dimostrazione che il Greco Bianco è un vitigno longevo”. Nasce dalle uve provenienti da vigna Ponta. Il 10% della massa ha fatto macerazione sulle bucce, fermentazione spontanea con lieviti indigeni, solo acciaio, nessuna chiarifica, non filtrato. La degustazione – Giallo oro brillante. Naso elegante e fine che propone piacevoli ricordi di erbe aromatiche e fiori di agrumi. Poi susina goccia d’oro, fieno e sbuffi salmastri. In bocca stupisce la freschezza viva bilanciata da discreta morbidezza e calore. Lunga la scia sapida che rende il sorso persistente.
Tenuta del Conte Cirò Bianco DiversaMente 2015
100% Greco bianco – Gr. 12,5%
Ultimo nato tra i vini dell’azienda, Il DiversaMente nasce dalle uve provenienti da vigna Ponta con l’idea di abbattere tutti gli stereotipi che vogliono i bianchi di Cirò leggeri e poco longevi. Da qui l’idea di fare lunghe macerazioni sulle bucce (48 ore) e lunghe maturazioni/affinamenti (24 mesi in acciaio e almeno 6 mesi in bottiglia). Il risultato è un vino destabilizzante e pieno di carattere che non può lasciare indifferenti. Fermentazione spontanea con lieviti indigeni, solo acciaio, nessuna chiarifica, non filtrato. La degustazione – Color miele brillante. Sbuffi salmastri si uniscono a richiami di erbe aromatiche (salvia), ginestra, miele, resina, pepe bianco e frutta gialla matura. Il sorso è materico e dinamico grazie alla struttura e alla piacevole freschezza. Lunghissimo il finale sapido in cui tornano le erbe aromatiche.
Cirò Rosato 2014
100% Gaglioppo – Gr.14%
Secondo Mariangela il rosato è il vero vino di Cirò. “Noi da sempre sulle nostre tavole beviamo il rosato”, conferma durante la degustazione. Naturalmente parliamo di un rosato che per alcuni aspetti (tannino, struttura) si avvicina ad un rosso e che spazza via ogni velleità dei rosatelli scarichi di Cirò che si trovano nei supermercati. Nasce dalle uve provenienti da vigna Ponta e da vigna Marinetto. 24/48 ore di macerazione sulle bucce (dipende dalle annate), fermentazione spontanea con lieviti indigeni, solo acciaio, nessuna chiarifica, non filtrato. La degustazione – Rosa corallo luminoso. Naso intenso in cui spiccano le erbe aromatiche (salvia, timo, rosmarino) abbinate a sentori di frutti di bosco e note salmastre. Restano sullo sfondo delicati ricordi di fiori di campo, agrumi e melograno. Sorso con buona struttura che offre freschezza e piacevole morbidezza. Il tannino carezza il palato prima che il finale quasi salato si allunghi su una scia in cui tornano le erbe aromatiche e i frutti di bosco.
Cirò Rosso Classico Superiore 2013
100% Gaglioppo – Gr.14,5%
Nasce da uve provenienti da vigna Armeria. Sei giorni di macerazione sulle bucce, 24 mesi in acciaio e 7 mesi in bottiglia. Fermentazione spontanea con lieviti indigeni, solo acciaio, nessuna chiarifica, non filtrato. La degustazione – Ingresso al naso che fa venire in mente un bosco di eucalipti in riva al mare con i richiami balsamici che si uniscono a sensazioni iodate. Poi un bellissimo frutto rosso maturo si unisce a macchia mediterranea e delicate note speziate di pepe, liquirizia e chiodo di garofano. Il sorso decisamente fresco torna in equilibrio grazie al tannino asciugante che predispone la bocca al lunghissimo finale sapido in cui tornano le note di liquirizia.