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Il 24 settembre è tornato a Roma il consueto appuntamento organizzato da Go Wine e dedicato ai vitigni autoctoni italiani.

Noi Vinomadi non ci stancheremo mai di sottolineare come i vitigni autoctoni siano il vero patrimonio della viticoltura italiana e ciò che rende unica e inimitabile la nostra produzione enologica. Fortunatamente, superata la sbornia da vitigni internazionali che tra gli anni ’80 e ’90 ha riempito le nostre vigne di Chardonnay e Merlot, negli ultimi 20 anni i produttori di vino sono stati sempre più attenti a valorizzare il patrimonio ampelografico del nostro paese. È così che sono nati eventi come “Buono… non lo conoscevo!”, organizzato da Go Wine proprio per puntare l’attenzione sui tanti vitigni autoctoni presenti da nord a sud sulla nostra penisola. E lo scorso 24 settembre presso l’Hotel Savoy di Roma erano presenti 55 cantine in rappresentanza di 12 regioni.

Di seguito riportiamo i nostri migliori assaggi:

Paltrinieri Lambrusco di Sorbara Metodo Ancestrale Radice 2018
100% Lambrusco di Sorbara – Gr.11,5%
Alberto Paltrinieri è il proprietario di questa cantina fondata dalla sua famiglia nel 1926. Oggi sono 17 gli ettari vitati nella storica zona del Cristo di Sorbara in provincia di Modena, vero e proprio cru per il Lambrusco di Sorbara, vitigno che l’azienda ha iniziato per prima a vinificare in purezza. Notevole il successo ottenuto, tanto che oggi sono 5 le etichette dedicate a questa uva autoctona emiliana. A noi Vinomadi è piaciuto molto il Lambrusco di Sorbara Radice, un Metodo Ancestrale con vino base vinificato in bianco e una sosta sui lieviti di 11 mesi.
La degustazione – Tra rosa buccia di cipolla e rosa salmone velato, perlage fine e persistente. Note fruttate di mirtillo e melograno si alternano a freschi ricordi di menta e arancia su un delicato tappeto floreale. La freschezza citrina apre la via alla bolla cremosa. Di buona persistenza il finale sapido.

La Source Valle d’Aosta Petite Arvine 2019
100% Petite Arvine – Gr.13%
Siamo a Saint Pierre, piccolo comune in provincia di Aosta che ospita uno dei castelli più belli della regione. È qui che nel 2003 Stefano Celi fonda La Source, cantina con 7 ettari vitati e una produzione annua di 40 mila bottiglie. Oltre al Cornalin ci è piaciuto molto il Petite Arvine, uva arrivata in Valle d’Aosta dalla regione svizzera del Vallese e che per la sua collocazione spesso in quota viene chiamata la vite dei ghiacciai. Questa etichetta nasce da una vigna con piante di età compresa tra i 15 e i 20 anni impiantate su terreno sabbioso. Vinificazione e maturazione in acciaio a contatto con le fecce fini per alcuni mesi.
La degustazione – Giallo Paglierino. Al naso piacevoli sentori di frutta bianca come mela e pera si intrecciano con ricordi erbacei. Chiude con eleganti richiami di fiori bianchi. Il sorso rivela una freschezza citrina ben bilanciata da una delicata morbidezza. Media la struttura e buona la persistenza che si allunga su una scia sapida e agrumata.  

Cantine Lunae Colli di Luni Albarola 2018
100% Albarola – Gr.13%
Cantine Lunae sorge nel punto più a est della Riviera Ligure di Levante. Siamo all’interno della denominazione Colli di Luni, dal nome dall’antica colonia romana fondata nel 177 a.C. sulla foce del fiume Magra. Si tratta di una striscia di terra collinare posta in provincia di La Spezia con una piccola enclave nella provincia toscana di Massa Carrara. Strette tra il marmo che forma le Alpi Apuane e l’acqua del mar Tirreno, le vigne sono costantemente baciate dal sole e carezzate dalle brezze marine. Qui la famiglia Bosoni, giunta alla terza generazione di viticoltori, possiede circa 50 ettari vitati. Protagonisti assoluti sono i vitigni autoctoni della zona: su tutti il Vermentino, vero e proprio portabandiera della denominazione, ma anche l’Albarola che raramente vien vinificata in purezza ma che con questa etichetta regala grandi emozioni. Nasce da una vigna di 20 anni con terreno ricco di scheletro. Macerazione a freddo delle bucce per una durata di circa 12 ore, solo acciaio.
La degustazione – Giallo paglierino. Naso intenso che apre su note di agrumi (pompelmo e mandarino) per poi virare su richiami vegetali e balsamici con le erbe aromatiche e la macchia mediterranea che si uniscono a piacevoli note floreali (zagara) e sbuffi salmastri. Il sorso offre adeguata struttura e una rinfrescante acidità che nel lungo finale lascia spazio ad una sapidità quasi marina.

Cantina dell’Angelo Greco di Tufo Miniere 2018
100% Greco – Gr.13%
La prima volta che noi Vinomadi ci siamo imbattuti in questa etichetta era in degustazione coperta durante una passata edizione di Campania Stories (qui trovate il nostro racconto). L’effetto fu quello di uno shock e il giorno seguente andammo a Tufo per visitare l’azienda di Angelo Muto e cercare di capire da dove potesse arrivare un vino del genere. Sì perché il Miniere è uno di quei vini che può essere compreso solamente conoscendo il luogo da cui proviene. Parliamo di una vigna di 7 ettari che Angelo ha acquistato nel 1995 dalla storica famiglia Di Marzo. Sorge proprio sopra una vecchia miniera di zolfo dismessa che per circa un secolo ha dato lavoro a centinaia di abitanti di Tufo. In vigna si interviene il meno possibile e la stessa cosa accade in cantina dove l’enologo Luigi Sarno (proprietario di Cantina del Barone) vinifica con fermentazioni spontanee in acciaio e nessuna chiarifica o filtrazione.
La degustazione – Giallo paglierino con riflessi dorati. Ricordi di acque sulfuree si uniscono a piacevoli note di frutta gialla matura, pompelmo e fiori gialli. Restano sullo sfondo sentori di erbe aromatiche e una nota che ricorda le alghe. Il sorso è salato, denso e fresco. Pur dotato di grande struttura scivola via agile per allungarsi verso l’infinito in un finale sapido e ammandorlato.

Poggio dei Gorleri Riviera Ligure di Ponente Pigato Albium 2017
100% Pigato – Gr.13%
Cantina nata nel 2003 a Gorleri, frazione di Diano Marina in provincia di Imperia. A guidarla sono i fratelli Davide e Matteo Merano che hanno a disposizione 10 ettari vitati per una produzione annua di circa 100 mila bottiglie. In vigna troviamo solamente vitigni autoctoni della riviera ligure di ponente: Vermentino, Pigato, Ormeasco e Granaccia. Il Pigato, in particolare, è l’uva su cui hanno maggiormente puntato impiantando nuove vigna nella zona di Albenga, la più vocata grazie alle sue terre rosse per questo meraviglioso clone di Vermentino. Il Pigato Albium, prodotto solamente in 2.500 bottiglie, svolge la fermentazione alcolica in acciaio a contatto con le bucce per 3 giorni. Seguono 12 mesi di maturazione in acciaio e altri 12 in bottiglia.
La degustazione – Giallo paglierino con riflessi dorati. Sorprende al naso con nitidi sentori di idrocarburi cui si affiancano note di susina goccia d’oro, fiori di ginestra, erbe aromatiche e agrumi. Piacevole il sottofondo iodato. Coerente il sorso che offre tanta freschezza e buona struttura. Sapido e ammandorlato il lungo finale che chiude su ricordi agrumati.

Montecappone Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Riserva Utopia 2016
100% Verdicchio – Gr. 14,5%
Era il 1968 quando Recildo Bombrezzi rientrava nelle Marche dopo 10 anni passati a Roma dove aveva aperto un piccolo vini e oli sulla Via Tuscolana (Enoteca Bombrezzi). Con i soldi guadagnati grazie al duro lavoro tornava per creare insieme ad altri due soci l’azienda Montecappone. I tre acquistarono un unico appezzamento di 20 ettari alle porte di Jesi dove costruirono una grande cantina dotata di vasche di cemento ancora oggi utilizzate per la produzione dei vini. Dal 1997 l’azienda vitivinicola (oggi composta da 70 ettari con una produzione annua di 180 mila bittiglie)  è guidata da Gianluca Mirizzi, nipote di Recildo. Le uve con cui si produce l’Utopia provengono da un vigneto di 4 ettari ubicato nel comune di Montecarotto a 300 metri di altezza su terreni argilloso-calcarei. Il 90% della massa fa 12 mesi sulle fecce fini in cemento, il 10% in barrique. 
La degustazine – Giallo paglierino con riflessi dorati. Naso ampio ed elegante che agli agrumi e alle erbe aromatiche abbina frutta gialla matura e delicati richiami floreali  e iodati.  Sorso caldo e di buona struttura alleggerito dalla grande acidità. Lunghissima la scia sapida e agrumata che dona persistenza. Finale ammandorlato. 

Ferraris Ruchè Vigna del Parroco 2018
100% Ruchè – Gr. 15%
Siamo a Castagnole Monferrato dove nel 1921 Luigi Ferraris acquistò i primi terreni con i proventi dell’oro trovato agli inizi del ‘900 in California. Oggi l’azienda può contare su 21 ettari vitati e produce circa 180.000 bottiglie, di cui più di un terzo di Ruchè. La vigna del Parroco è una piccola vigna impiantata negli anni ‘60 dal parroco del paese, Don Giacomo Cauda, e che nel 2016 è stata acquistata dall’azienda Ferraris. L’80% della massa matura 9 mesi in acciaio, il restante 20% in tonneau.
La degustazione – Rosso rubino tendente al granato con buona trasparenza. Al naso offre le tipiche note di rosa canina unite a frutti di bosco, richiami balsamici e spezie orientali. In bocca propone grande freschezza abbinata ad un tannino setoso. Caldo ed equilibrato riserva un lungo finale sapido che chiude su note fruttate. 

Foresti Rossese di Dolceacqua Superiore 2016
100% Rossese – 13,5%
Piccola azienda di 15 ettari fondata nel 1979 da Marco Foresti a Camporosso (Im), pochi chilometri a est di Ventimiglia e del confine francese. Questa etichetta nasce da una selezione delle migliori uve. Dopo una macerazione di 10 giorni matura in acciaio per 8 mesi.
La degustazione – Rosso granato trasparente. Naso elegante che ai piccoli frutti rossi affianca sentori balsamici che ricordano la macchia mediterranea. Appena sussurrate le note speziate e floreali. Sorso che rispecchia l’eleganza del naso e che offre grande equilibrio grazie alla delicata morbidezza che bilancia la freschezza. Goloso il lungo finale sapido e fruttato.

Torraccia del Piantavigna Gattinara 2016
100% Nebbiolo – Gr.13,5%
36 ettari vitati e 250 mila bottiglie annue prodotte: questi i numeri di Torraccia del Piantavigna, cantina fondata a Ghemme nel 1997 da Alessandro Francoli, proprietario delle omonime distillerie. La storia, però, ha un prologo che vale la pena raccontare e che riguarda il nonno di Alessandro, Pierino Piantavigna che (nomen omen) negli anni ’50 decise di impiantare un piccolo vigneto sulle colline di Ghemme nei pressi del seicentesco castello di Cavenago, ovvero la “Torraccia” che ha ispirato il nome della cantina. Intorno a questa vigna si è sviluppato il progetto che oggi punta esclusivamente sui vitigni del territorio: Nebbiolo, Vespolina ed Erbaluce. Il Gattinara nasce da vigne poste su terreni di origine vulcanica con presenza di porfidi e quarzo. Matura 36 mesi in botti grandi.
La degustazione – Rosso granato trasparente. Naso di grande fascino che rivela nitidi sentori di arancia sanguinella seguiti da note di piccoli frutti rossi, ruggine e spezie orientali. Il sorso è vibrante ma allo stesso tempo armonico grazie al tannino nobile che bilancia la grande freschezza. Lunghissimo e coerente il finale sapido.